Il Paziente che racconta la propria storia al medico, la storia della propria malattia con il carico di disagio e sofferenza che essa comporta non ha niente in apparenza di “ medico-scientifico” nel senso stretto del termine, ma approda in quella dimensione dell’Umano in tutto il suo straordinario mistero. D’altro canto, credo personalmente che privare la medicina di questa dimensione corrisponda a depauperarla paradossalmente della sua stessa efficacia, e per fortuna oggi la scienza stessa che comincia a “guardarsi allo specchio” grazie alle nuove frontiere di imaging celebrale nelle Neuroscienze lo dimostra senza alcun dubbio.
La narrazione è utile al medico non solo per un sostegno di tipo umano, ma lo aiuta a comprendere il contesto in cui la stessa malattia si sviluppa e si evolve, fornendo anche parte della suo aspetto eziologico, compresi indizi utili ad una terapia non solo della specifica patologia, ma di essa in quell’individuo specifico,elementi questi che arrivano a personalizzare gli interventi per aumentarne l’ efficacia.
A questo punto credo sia inutile inoltrarsi nelle mille peculiarità della medicina narrativa, il Dott. Maurizio Turturo medico cardiologo e ideatore di questa straordinaria iniziativa nel suo studio privato, ha sicuramente competenze specifiche di cui io non sono in possesso, ma di cui ho subito il fascino, condividendone subito a pieno le finalità insieme a Raffaele Mastrototaro, ci siamo messi a disposizione dell’ iniziativa mettendo a servizio di questa idea le nostre reciproche capacità. Detto questo, quello che sto cercando di capire è la relazione che esiste come scritto nel titolo tra Bellezza e Cura: può davvero essere utile la bellezza nel complesso sistemico della cura? Il dibattito che si è tenuto all’ inaugurazione della mostra ci fornisce alcuni interessanti indizi sulle possibili risposte. L’Antropologo Felice Di Lernia intervenuto e interrogato dalle domande del moderatore prof. Giuseppe Losapio,sostiene che ci sono più piani per codificare la bellezza nell’epoca contemporanea e i due principali sono: quello del sistema commerciale che è legato al concetto di consumo ( riferito ad un apparire che si consuma nel tempo stesso che dura il desiderio indotto per condizionamento ) e questo è un riferimento abbastanza comune,ed è purtroppo il più diffuso, intimamente legato ad una dimensione sia della paura di vivere che della morte.
La seconda invece, nel momento in cui riusciamo a connetterci con il presente e a coglierla, é un esperienza fondamentale nella nostra vita, ed è quella qualità in cui riusciamo ad appagare l’animo, a nutrire il nostro profondo, è quella dimensione che potrebbe coincidere con l’amore e che non solo ci rende facile essere felici, ma che al piacere stesso svincolato dal desiderio e dai condizionamenti genera di per sè senso: questa è l’ autentica Bellezza quella dimensione in cui ci ritroviamo ad essere armonici con l’ intero universo di cui siamo parte, e che si potrebbe definire come il piacere stesso di essere vivi ed esserne consapevoli come individui senzienti.
I paesaggi di un Islanda poco iconografica fotografati da me,e quelli nascosti e misteriosi colti da Raffaele Mastrototaro sulla Murgia, nonostante la loro lontanza, hanno un filo comune che li unisce e che va oltre la connotazione geografica o temporale. Nonostante
la diversa sensibilità e il modo di raccontare un paesaggio, entrambi le visioni sono delle sintesi visive di quegli istanti in cui il piacere e l’ armonia sono un’ unica dimensione. Per dirla come la definiva Henri Cartier Bresson, “un attimo di eternità perfetto che attraversa un solo istante, crea un ritmo del mondo che canta il reale” ( ho un po’ trasformato la definizione senza cambiarne il senso ).
In conclusione in una sala d’aspetto di uno studio medico cardiologico, il tentativo è quello di creare delle piccole finestre che diventano piccoli momenti di contatto con dimensioni dell’altrove, attraverso la bellezza un altrove che dimora in noi come salvezza dall’ omologazione,un alternativa “materica “al flusso incessante della tecnologia, immagini fisse che sono attraverso la stampa la natura finale stessa della fotografia, una possibilità di volgere lo sguardo ad una cosa a cui stranamente non siamo più abituati ossia delle fotografie piuttosto che delle semplici immagini, un modo di narrare che ha la sua genesi nella poesia.
Tomas Di Terlizzi